giovedì 14 novembre 2013

"La Juve di Michel Platini" @stefanodiscreti racconta

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Raccontare per me la Juve di Platini è come mettere un bambino davanti a un enorme cesto di caramelle, concedendogli poi la possibilità di sceglierne tante quante ne desidera.
Mi auguro che un giorno mio figlio Gabriele si appassioni alla Juventus così come mio padre Antonio lo ha reso possibile per me.
Ci sono state (e sicuramente ce ne saranno ancora) tante belle Juventus forti e competitive nella storia della Vecchia Signora. Ma mai nessuna amata tanto quella di le Roi Michel, come ricorda anche l’amico scrittore Sandro Veronesi nel libro “Scrittori in bianconero” .
“La Juve più amata? Indubbiamente quella di Platini, Boniek e Paolo Rossi.”

E' anche e soprattutto la mia Juve, quella a cui sono più legato affettivamente.
Quella che, grazie anche al pressing di papà, mi ha convinto a sposare la causa bianconera per tutta la vita, finchémortenoncisepari.

D'altronde la Juve del primo Trap è stata indiscutibilmente la più forte della storia. Come si sarebbe mai potuti rimanere insensibili dinanzi a cotanta bellezza?

Ci sono due grandi rimpianti temporali nella mia vita da tifoso:

a)    Non aver potuto ammirare dal vivo le gesta di Omar Sivori, un talento così estroso del quale sono sicuro che mi sarei perdutamente innamorato.

b)    Soprattutto però non esser nato qualche anno prima, il che mi avrebbe consentito di ammirare per intero, giorno dopo giorno, tutto il primo strepitoso ciclo Trapattoni sulla panchina della Juventus.

Era la Juve dello stile di Gianni Agnelli, della concretezza di Umberto e della voglia di vincere di Boniperti.

Era la Juve di Zoff-Gentile-Cabrini-Furino-Brio-Scirea-Tardelli-Bettega.

Era la Juve del collettivo con Brady direttore d’orchestra.

Doveva diventare la Juve di Rossi e Boniek.

In poco tempo divenne la Juve di Michel Platini.

E tanti come il sottoscritto si sono innamorati del calcio e sono diventati tifosi della Juventus proprio custodendo gelosamente il poster in camera e sognando di notte le prodezze di quel numero 10 che incantava le platee giocando con la maglia sempre fuori dai pantaloncini. Un’immagine talmente romantica che oggi nel calcio moderno non sarebbe nemmeno pensabile.

Caro «Le Roi», grazie di tutto da chi, bambino, sognava di emulare le tue gesta su punizione rompendo però le finestre dei vicini di casa.

@stefanodiscreti


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