Una farsa è “un genere di opera teatrale la cui struttura e trama sono basate su situazioni e personaggi stravaganti. Componimento comico per lo più in un solo atto, di carattere burlesco e arguto che suole recitarsi dopo altra rappresentazione drammatica di maggiore importanza. E’ di carattere faceto e ridicolo.”
In senso figurato, è una “cosa o fatto, che abbia in sé del ridicolo, del fittizio, del simulato”.
Quando però il genere farsesco trova spazio fuori dai palcoscenici teatrali si passa spesso dalla sana evasione alla mistificazione, che è base di ogni atteggiamento negativo. In questo livello ricadono le tristi vicende che hanno coinvolto il calcio italiano dal
Se quindi il concetto di farsa rende bene idea dell’inganno alla base della vicenda, per coglierne la portata generale bisogna scomodare altri generi se si vuole trovare un’analogia letteraria. Nessuno si scandalizzi se si fa richiamo alla più alta espressione della nostra narrativa: qua e là è stato istintivo accostare Farsopoli alla ‘madre di tutte le trame’. Perché la vividezza dei personaggi manzoniani ha fatto di essi un modello ricorrente anche per fatti reali, e perché, d’altro canto, lo svolgersi di Farsopoli ha spesso presentato colpi a sorpresa ed aspetti grotteschi tanto da rimandare spesso alla mente creativa del narratore. Fondamentalmente lo si fa per gioco. Ma, come tutti i giochi, ha la sua natura esplicativa.
In Renzo possiamo identificare
Ma Don Rodrigo T. Provera scommette segretamente con il conte Attilio da Montezemolo che riuscirà a rovinare un tale progetto, ed anzi ad impossessarsene. Egli sguinzaglia i suoi uomini per raggiungere il fine, senza badare alle buone maniere. Anzi, scegliendo deliberatamente le brutte. Il codazzo di bravi, i giornalai corrotti dei potentati economici, vengono messi in azione, mentre la figura del loro capo, il Griso, è condivisa da G.Rossi e Auricchio.
E’ gioco facile per costoro mettere in soggezione Don Abbondio Elkann; questi avrebbe dovuto sancire il matrimonio perenne tra i due, ma si tira indietro ai primi spiragli di tempesta. Crediamo infatti che nella nostra vicenda, il principe ereditario abbia una parte da pavido intermediario, più che da mandante. In ogni caso, avrà sempre Perpetua Blanc al suo fianco.
Non si può nemmeno pensare ad un riscatto per vie legali, se si fa affidamento ad Azzeccagarbugli, un mestierante parolaio in malafede. L’ avvocato Zaccone merita un oscar per l’interpretazione del ruolo.
Sembra non esserci scampo al male, e allora Fra Cristoforo impersona la saggezza e la temperanza della tradizione juventina: accettare il male, quando inevitabile, e scegliere quello minore, nella fiducia e speranza che un giorno tutto venga risolto, evitando reazioni avventate. E’ lui infatti a suggerire ed organizzare la fuga degli sposi, in cui raffiguriamo la nostra accettazione della Serie B: non solo i protagonisti si separano tra loro, ma sono costretti anche a lasciare il loro habitat naturale (
Ma la malinconia è di breve durata. Subito la scena si surriscalda, e nei tumulti di Milano rivediamo i forum web, le associazioni e le trasmissioni radio-televisive del tifo juventino post-2006, che si scatenano per la mancanza del loro ‘pane quotidiano’, ovvero, una squadra gagliarda, che onori e rispetti il suo nome e la sua storia. In essi ritroviamo Renzo (cioè Moggi) che vi interviene come parte attiva.
Lucia (alias lo scudo 2006 e la tradizione di grande squadra), ormai separata da Renzo, viene tenuta in custodia da Gertrude, la monaca di Monza, ovvero Moratti. L’analogia è rafforzata dal fatto che il personaggio è di dubbia moralità, anche se dall’abito lindo. Oltretutto, non ha rispetto per Lucia, ed anzi partecipa al rapimento di lei organizzato da Don Rodrigo (Tronchetti Provera).
A tal fine, questi chiede aiuto all’ Innominato, potentissimo e sanguinario signorotto locale. In lui vediamo bene quell’impersonale e non meglio definito “sentimento popolare” tirato in ballo nel processo sportivo. L’antijuventinità diffusa fu infatti parte importante nel condurre ai fatti del 2006. Tuttavia…. l’ Innominato si ravvede.
E’ la bellezza e il candore di Lucia a mandarlo in crisi, e quindi dovrà essere la nostra grande tradizione e l’inappuntabilità di quello scudetto vinto con il record di 91 punti a ridestare gli animi offuscati di tifosi troppo faziosi. Ma il colpo decisivo alla conversione dell’ Innominato è dato dall’incontro con il cardinale Federigo Borromeo: in esso vediamo la difesa di Moggi nel processo di Napoli. Le intercettazioni da essa prodotte stanno determinando un improvviso e marcato cambio di opinione tra chi segue il calcio, anche tra i più accaniti antijuventini. L’analogia è rafforzata dal fatto che il cardinale, fra le altre cose, rimprovera severamente Don Abbondio (Elkann) per non aver celebrato il matrimonio; analogamente, le intercettazioni di questi giorni inchiodano spalle al muro il giovane rampollo per non aver difeso
Arriva poi la peste, con le dichiarazioni al veleno di Mourinho, proveniente dall’estero e mercenario di professione, come i lanzichenecchi portatori della peste. Colpiscono tutto e tutti: il Ranieri juventino, Spalletti, Ancelotti sono come pizzicati a morte. Giornalisti ed organi federali, pur offesi, non hanno forza sufficiente a farsi rispettare. Finora ha risparmiato l’Inter ma, prima o poi, dovrà tirare in ballo anche loro, se non vuol perdere la sua forza ‘demoniaca’. D’altronde, proprio Don Rodrigo fu una delle vittime della peste manzoniana.
L’epilogo …… sarà lieto fine ?
Ai posteri la sentenza.
SERIE B