Giusto pensare alle questioni tecnico-tattiche, perchè c'è sempre un nome ed una maglia da difendere. Ma se siamo
Per fare questo, il principio base su cui dobbiamo poggiarci è il senso di unione a tutti i livelli dell'ambiente JUVE: proprietà, dirigenza, staff tecnico, squadra, tifosi.
Unione di intenti, di aspettative, di sentimenti. Ricostruire una catena d’oro che leghi tutti i suoi anelli in modo indissolubile e che sia capace di scintillare verso l’esterno. E' questa la caratteristica di tutte le società vive e positive, prima ancora che vincenti.
Un’unione che sia l’altra faccia della riscoperta della nostra vera identità. La cui perdita, nel 2006, è stata la peggiore di tutte: cosa avrebbe infatti potuto una retrocessione o l’annullamento di qualche titolo di fronte alla vera Juve ? Niente, se non determinare più grandi successi in un futuro con ancor maggiore rabbia agonistica prodotta da un ambiente ferito.
Quell’unione che si respirava e si viveva ai tempi della Juve di Agnelli-Boniperti-Trapattoni con la squadra di fine anni70-inizio80; o quella dell’epoca successiva Agnelli-Triade-Lippi e la squadra di metà anni90. Immagino che fu lo stesso ai tempi della Juve di Boniperti-Charles-Sivori e prima ancora quella del Quinquennio.
Ci sentivamo rappresentati, sia a livello dirigenziale che tecnico. Eravamo orgogliosi di loro; soprattutto, ci si sentiva un tutt'uno. L'entusiasmo ed il calore che ricambiavamo era una diretta conseguenza..... e si tramutava in un surplus di forza alla squadra.
Ciò che permetteva ad essa di avere un nocciolo duro entro cui superare quasi in scioltezza i momenti di difficoltà, sia all'interno di una singola partita che della stagione.
Guardando in casa d’altri, un analogo circuito virtuoso si instaurò nel Milan all’avvento di Berlusconi. Succede oggi al Barcellona dei miracoli, e, a livello locale e con tutte le specifiche del caso (psicosi collettive e sensi d’accerchiamento vari), anche all' Inter attuale.
Facile a dirsi, difficilissimo a farsi...soprattutto per
Che faccia rinascere uno spirito vigoroso ed orgoglioso, e che sia indipendenti dai risultati.
Tra i vari fattori su cui bisogna intervenire non si può non cominciare dall’ assetto societario, quello che più di tutti influenza e determina le sorti di una società. Dobbiamo assolutamente trovare una proprietà/dirigenza che riassuma le attese e le ambizioni di tutti, che sappia farsi davvero interprete di ciò che
Personalmente, non credo nella figura di A.Agnelli: sia per le caratteristiche della persona in particolare (limiti caratteriali e di disponibilità economica), sia per un tipo di società che ne verrebbe fuori non più adeguata ai tempi. Inutile spendere parole sulla attuale situazione, sulla quale è invece meglio stendere un velo pietoso, e stenderlo al più presto. E non siamo nemmeno il Chelsea o il Manchester City, società senza storia che si vendono al miglior offerente.
Secondo me, abbiamo una sola via, ed è l'azionariato popolare.
Dobbiamo tirare su un nuovo concetto di JUVE. Nel segno della tradizione, perché in esso dovrà confluire tutta la nostra precedente storia ultracentenaria, ma anche una ventata di novità che onori l'idea di quella gioventù che portiamo nel nome. L’azionariato popolare garantirebbe a iosa la prima caratteristica, giacchè cosa meglio di una partecipazione diretta della massa dei tifosi può garantire la continuità con ciò che
Il momento richiede una svolta storica, drastica, per la sfida al calcio del XXI secolo. E questa svolta siamo tenuti a dare. Soluzioni di ripiego o nostalgiche non avrebbero la forza sufficiente per sfidare i colossi del calcio europeo, né a garantire il rinnovamento della nostra tradizione e passione.
L’azionariato popolare al momento è una soluzione prettamente ipotetica, ma l’unica sulla quale riporre le nostre speranze e a cui cominciare a pensare seriamente.
THOMAS EJUVENTUS
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