Lo ammetto, essere catanese e Juventina condiziona in questo momento il mio stato d’animo. E sebbene i nutrizionisti siano convinti che la ricotta sia un buon espediente non farmaceutico per migliorare l’umore in virtù dei suoi componenti, continuo a chiedermi come mai siano stati gli interisti ad averla mangiata e tutti gli altri ad avere goduto dei benefici effetti. Perché qui a Catania e dintorni gira voce che, per rendere omaggio alla proverbiale ospitalità siciliana, sia stato consegnato a Mourinho prima di Catania Inter un vassoio ben fornito di arancini e cannoli, per giunta molto gradito. Rinchiuso nella sua solitudine vitrea, che ne abbia fatto indigestione? Che la sua boccuccia di rosa, temporaneamente zittita, si sia consolata cedendo al peccato di gola e ubriacandolo di sapori? Innamorato del suo io, il Principe sul Pisello di tutti i cuntabal, mai contento di nulla se non di se stesso, si è cacciato di nuovo nei guai.
In verità nell’aria non c’era solo una pioggia battente, ma anche l’epilogo di un’altra puntata della telenovela intitolata “L’inter e la Champions: mission impossible”. Un po’ sfocata nel bianco e nero essenziale di una televisione primordiale tanto lontana nel tempo da sembrare non essere mai esistita. Troppo nevrotica nella tensione costante di dover dimostrare che non basta il campionato italiano, nemmeno quando dici di averne vinti quattro, a consacrarti degno di entrare a far parte della storia del calcio. Con quei troppi se e ma che in guisa di canone infinito ritornano come un incubo “sconcertante”. Troppo facile portarsi a casa i tituli quando non ci sono avversari. Fatti fuori a tavolino senza nemmeno sporcarsi le scarpe e le maglie con l’erba dei campi.
E se ci fosse stata ancora la Juve? “Quella” Juve che vi faceva tremare solo a vederla sbucare dagli spogliatoi. Non questo surrogato che l’Italia intera ha voluto e che con fatica sta cercando di ritrovare certezze e risultati. Esattamente come tutto il calcio italiano. Solo che per capirlo ci sono voluti quattro anni. Eravamo in pochi a saperlo, in quell’estate così lontana eppure così presente dentro ogni errore e ogni meschinità sopportata dai massimi vertici dello sport italiano, dai media e non ultimo dall’incomprensibile modo di fare dei dirigenti bianconeri e del loro fantomatico azionista di maggioranza. Illusi da quel mondiale vinto che non è servito da riscatto, noi Juventini per primi abbiamo creduto di potercela fare a salvare la Juve. Che in fondo era come salvare il calcio italiano. Questa la morale di una settimana difficile, che ha visto uscire fuori dalla massima competizione europea il Milan e la Fiorentina e ha sentito riecheggiare dalle pendici dell’Etna quel grido distante quanto l’ultima finale di Coppa dei Campioni disputata dall’Inter: clamoroso al Cibali.
Correva il 1961 e tra le solite polemiche, dovute alla ripetizione del match Juventus Inter, in un primo tempo annullato per invasione di campo con attribuzione del 2 a 0 a tavolino ai nerazzurri, in seguito rigiocato, l’Inter finì per cadere a Catania, consegnando lo scudetto proprio ai bianconeri. A quel tempo Umberto Agnelli era presidente della FGCI e l’Inter per protesta schierò la primavera contro la Juventus, finendo il campionato in terza posizione alle spalle anche del Milan, a cinque punti dalla capolista. Che cosa sarebbe successo se l’Inter non avesse surriscaldato il prepartita con il Catania? Se non avesse fatto bruciare ai rossazzurri il 5 a 0 dell’andata ottenuto con ben 4 autoreti, se Helenio Herrera non li avesse derisi definendoli “una squadra di postelegrafonici”? Quella volta furono Castellazzi e Calvanese i marcatori della rivalsa, ieri sera la batosta è stata anche peggiore. Il guizzo di Maxi Lopez, lo sberleffo del “cuppino” di Mascara, la prodezza di Martinez hanno annichilito e ridicolizzato la corazzata tutta muscoli e nervi interista, sotto la guida di un Mihajlovic che ha preparato e gestito bene tutti i giocatori del Catania.
Ma l’Inter ci ha messo del suo ancora una volta. Spaccona e tracotante non ha tenuto conto dell’orgoglio catanese, di una squadra costruita e attrezzata bene che non ha avuto paura di vincere, nemmeno dopo essere andata sotto di un goal. Un Mourinho ubriaco di cannoli e di Champions, ma anche di Chelsea, ha contribuito alla disfatta con le solite discutibili sostituzioni a sorpresa. Un Muntari in serata di disgrazia è andato fuori di testa. Con il risultato che è risalito l’interesse per il campionato e si è abbassato l’umore in vista dello scontro di Champions, di vitale importanza per scongiurare la tradizionale uscita agli ottavi. Déjà-vu? E se in quel 1961 l’Inter non avesse schierato la primavera nel match recuperato contro i bianconeri? Forse avrebbe perso lo stesso, ma non avrebbe incassato 9 reti, di cui 6 dell’imminente Pallone d’Oro Omar Sivori. A volte sembra che a mancare all’Inter sia il senno di poi. O la coscienza di sé. Perciò non è poi tanto clamoroso quanto è accaduto al Massimino, già Cibali. Perciò non sarebbe poi tanto clamoroso se l’unica Italiana a restare in Europa ancora una volta fosse la Juve.
la juventina
Forza Juve Giusy
In verità nell’aria non c’era solo una pioggia battente, ma anche l’epilogo di un’altra puntata della telenovela intitolata “L’inter e la Champions: mission impossible”. Un po’ sfocata nel bianco e nero essenziale di una televisione primordiale tanto lontana nel tempo da sembrare non essere mai esistita. Troppo nevrotica nella tensione costante di dover dimostrare che non basta il campionato italiano, nemmeno quando dici di averne vinti quattro, a consacrarti degno di entrare a far parte della storia del calcio. Con quei troppi se e ma che in guisa di canone infinito ritornano come un incubo “sconcertante”. Troppo facile portarsi a casa i tituli quando non ci sono avversari. Fatti fuori a tavolino senza nemmeno sporcarsi le scarpe e le maglie con l’erba dei campi.
E se ci fosse stata ancora la Juve? “Quella” Juve che vi faceva tremare solo a vederla sbucare dagli spogliatoi. Non questo surrogato che l’Italia intera ha voluto e che con fatica sta cercando di ritrovare certezze e risultati. Esattamente come tutto il calcio italiano. Solo che per capirlo ci sono voluti quattro anni. Eravamo in pochi a saperlo, in quell’estate così lontana eppure così presente dentro ogni errore e ogni meschinità sopportata dai massimi vertici dello sport italiano, dai media e non ultimo dall’incomprensibile modo di fare dei dirigenti bianconeri e del loro fantomatico azionista di maggioranza. Illusi da quel mondiale vinto che non è servito da riscatto, noi Juventini per primi abbiamo creduto di potercela fare a salvare la Juve. Che in fondo era come salvare il calcio italiano. Questa la morale di una settimana difficile, che ha visto uscire fuori dalla massima competizione europea il Milan e la Fiorentina e ha sentito riecheggiare dalle pendici dell’Etna quel grido distante quanto l’ultima finale di Coppa dei Campioni disputata dall’Inter: clamoroso al Cibali.
Correva il 1961 e tra le solite polemiche, dovute alla ripetizione del match Juventus Inter, in un primo tempo annullato per invasione di campo con attribuzione del 2 a 0 a tavolino ai nerazzurri, in seguito rigiocato, l’Inter finì per cadere a Catania, consegnando lo scudetto proprio ai bianconeri. A quel tempo Umberto Agnelli era presidente della FGCI e l’Inter per protesta schierò la primavera contro la Juventus, finendo il campionato in terza posizione alle spalle anche del Milan, a cinque punti dalla capolista. Che cosa sarebbe successo se l’Inter non avesse surriscaldato il prepartita con il Catania? Se non avesse fatto bruciare ai rossazzurri il 5 a 0 dell’andata ottenuto con ben 4 autoreti, se Helenio Herrera non li avesse derisi definendoli “una squadra di postelegrafonici”? Quella volta furono Castellazzi e Calvanese i marcatori della rivalsa, ieri sera la batosta è stata anche peggiore. Il guizzo di Maxi Lopez, lo sberleffo del “cuppino” di Mascara, la prodezza di Martinez hanno annichilito e ridicolizzato la corazzata tutta muscoli e nervi interista, sotto la guida di un Mihajlovic che ha preparato e gestito bene tutti i giocatori del Catania.
Ma l’Inter ci ha messo del suo ancora una volta. Spaccona e tracotante non ha tenuto conto dell’orgoglio catanese, di una squadra costruita e attrezzata bene che non ha avuto paura di vincere, nemmeno dopo essere andata sotto di un goal. Un Mourinho ubriaco di cannoli e di Champions, ma anche di Chelsea, ha contribuito alla disfatta con le solite discutibili sostituzioni a sorpresa. Un Muntari in serata di disgrazia è andato fuori di testa. Con il risultato che è risalito l’interesse per il campionato e si è abbassato l’umore in vista dello scontro di Champions, di vitale importanza per scongiurare la tradizionale uscita agli ottavi. Déjà-vu? E se in quel 1961 l’Inter non avesse schierato la primavera nel match recuperato contro i bianconeri? Forse avrebbe perso lo stesso, ma non avrebbe incassato 9 reti, di cui 6 dell’imminente Pallone d’Oro Omar Sivori. A volte sembra che a mancare all’Inter sia il senno di poi. O la coscienza di sé. Perciò non è poi tanto clamoroso quanto è accaduto al Massimino, già Cibali. Perciò non sarebbe poi tanto clamoroso se l’unica Italiana a restare in Europa ancora una volta fosse la Juve.
la juventina
Forza Juve Giusy
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